Quando si prenota una stanza d’albergo, anche se lo si fa a distanza (via Internet, per esempio) o fuori dai locali commerciali, non è previsto dalla legge il diritto di recesso (o ripensamento) entro 14 giorni. E’ infatti espressamente escluso dall’art. 59 del Codice del consumo.  Ma non tutte le prenotazioni alberghiere sono vincolanti per il consumatore.
In generale, un contratto si perfeziona quando chi ha fatto la proposta viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte (art. 1326 Cod. Civ.). Distinguiamo quindi due ipotesi.

In caso di prenotazione pura e semplice, non accompagnata dal versamento di una caparra o dalla garanzia di una carta di credito, fino al momento di presentazione del cliente in albergo, l’albergatore è l’unica parte a carico della quale sorgono obbligazioni (di tenere la camera a disposizione). Il cliente non ha obblighi ed è libero di usufruire o meno dei servizi alberghieri. Qualora ciò non avvenisse, egli non risponde dei danni derivanti dall’inadempimento; ovviamente, in base al principio del comportamento secondo correttezza (art. 1175 c.c.), il cliente dovrebbe usare l’accortezza di avvisare in caso di disdetta.
Spesso gli alberghi si tutelano, inserendo nel contratto un c.d.
time limit; la camera viene tenuta a disposizione del cliente fino ad un determinato orario (in genere le 18.00 del giorno di arrivo). Il time limit configura un termine essenziale, cioè un termine di carattere perentorio la cui inosservanza comporta l’automatica risoluzione del contratto ( art 1457 c.c.). Si tratta di termine soggettivo in quanto sono le parti che collegano all’infruttuosa scadenza del termine gli effetti di risoluzione del contratto. La violazione del time limit comporta lo scioglimento del contratto senza che a tal fine sia necessaria una pronuncia giudiziale o un atto del creditore; si tratta di una risoluzione automatica.
Se al momento della prenotazione il
time limit non viene invece esplicitato, il contratto si intende invece tacitamente sottoposto alle condizione sospensiva dell’arrivo del cliente. I clienti subordinano tacitamente l’efficacia o la risoluzione del contratto a tale evento.

La prenotazione rafforzata è la prenotazione accompagnata dal versamento di una caparra o dalla garanzia di una carta di credito. In questo caso si crea a carico di entrambe le parti un vincolo giuridico di carattere bilaterale che comporta inadempimento contrattuale nel caso in cui non venga rispettato; pertanto l’albergo ha l’obbligo di tenere la camera a disposizione e il cliente ha l’obbligo di presentarsi o, se previsto dal contratto, disdire entro i termini fissati. La disdetta effettuata fuori da ciò che prevede il contratto è quindi considerata inadempimento contrattuale.
L’importo della caparra è stabilito dall’accordo delle parti. Si noti peraltro che nelle prenotazioni di gruppo, oltre al versamento della caparra, è spesso richiesto il pagamento anticipato totale, in genere da effettuarsi in più saldi. In alternativa al versamento della caparra, soprattutto per prenotazioni individuali, l’albergo richiede una carta di credito a garanzia su cui verrà eventualmente addebitata la penale dovuta per la mancata cancellazione o il mancato arrivo.
Gli operatori spesso indicano indifferentemente il termine caparra, senza specificare se tratti di caparra penitenziale o confirmatoria. Se è versata una caparra penitenziale e il cliente cancella la prenotazione, l’albergo ha diritto di ritenere la caparra, ma non può pretendere altro (la caparra ha infatti funzione di penale). Se invece si tratta di caparra confirmatoria, e il contratto non prevede altro in termini di disdetta, oltre a ritenere la caparra, l’albergo ha la facoltà di pretendere anche il pagamento dell’intero prezzo (ad eccezione di servizi accessori non prestati, quali ad esempio i pasti) o comunque un risarcimento del danno.
Molti alberghi, comunque, stabiliscono una penalità di cancellazione, che generalmente portano a conoscenza dell’altra parte in forma scritta. Abbiamo già visto che una forma di penalità è costituita dalla caparra penitenziale. Altrimenti, si parla di
clausola penale (art. 1382 c.c.), cioè di un negozio accessorio al contratto d’albergo, che determina in via preventiva e forfettaria il risarcimento del danno in caso di mancata presentazione del cliente o di mancata cancellazione entro i termini previsti. In genere è pari al costo di un pernottamento per prenotazioni individuali; per le prenotazioni di gruppi è pari ad una percentuale dei pernottamenti cancellati che è tanto maggiore quanto più ci si avvicina alla data di arrivo. La prestazione è dovuta indipendentemente dalla prova del danno, l’albergo pertanto non ha l’onere di provare il danno subito, né, d’altronde, può pretendere il risarcimento del danno ulteriore (ad es. la penale era per una notte, l’albergo non ha rivenduto la camera per le altre notti originariamente prenotate e non può chiedere il risarcimento per gli ulteriori pernottamenti cancellati e non rivenduti). Dal suo canto il cliente non può utilmente provare che il danno effettivo è inferiore all’ammontare della penale.
Al di fuori dei casi in cui è prevista una penalità, la parte adempiente ha la possibilità di richiedere il risarcimento del danno effettivo, che negli usi alberghieri  è generalmente quantificato al costo di un pernottamento.
Secondo il codice di comportamento ECTAA (gruppo di associazioni nazionali di agenti di viaggio e tour operators della Unione Europea) HOTREC (Confederazione delle associazioni nazionali di alberghi, ristoranti e aziende simili nell’ambito della Unione Europea), deve equivalere alla tariffa della camera per un minimo di una notte e un massimo di tre notti.
Secondo il disposto del Règlement international de l’hotellerie del 1954, l’indennizzo è limitato al costo di una giornata di soggiorno.
Secondo la Cassazione Civile, terzo sezione, sentenza n. 6633 del 18 Luglio 1997 il quantum di tale risarcimento non può ammontare all’intero costo del soggiorno per i rinunzianti: dallo stesso devono essere detratte, quantomeno, le spese che l’albergatore avrebbe dovuto sostenere in caso di corretta esecuzione del rapporto e che, invece, non ha sostenuto. Anche secondo Cassazione civile, terza sezione, con la sentenza n. 17150 del 3 dicembre 2002, l’entità del risarcimento non deve ricomprendere i servizi non prestati ; “la revoca della prenotazione da parte del cliente integra unilaterale sottrazione al vincolo contrattuale e determina l’obbligazione di tenere indenne della perdita subita l’albergatore… E’ comunque escluso che, se debbano essere forniti anche prestazioni accessorie, quali ad es. di somministrazione di pasti, le dette perdite possano coincidere con il prezzo del mancato soggiorno, dovendo detrarsi da questo l’importo dei servizi non resi”.

Infine, un caso particolare. Se la prenotazione alberghiera è parte di un pacchetto viaggio (quindi, con finalità tur comprensivo di almeno due elementi tra trasporto, alloggio e servizi turistici accessori) è ipotizzabile una ulteriore ipotesi di scioglimento del contratto: la risoluzione del contratto per sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta, ovvero dell’impossibilità sopraggiunta della finalità essenziale del contratto (“finalità turistica”) con conseguente estinzione dell’obbligazione. La Corte di Cassazione, ad es. con la sentenza n. 26958/2007, in riferimento ad un contratto di soggiorno alberghiero prenotato da due coniugi, uno dei quali era improvvisamente deceduto prima dell’inizio del soggiorno, ha dichiarato risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta invocata dal cliente ed ha condannato l’albergatore a restituire quanto ricevuto a titolo di pagamento della prestazione alberghiera. Lo stesso principio può essere invocato in tutti quei casi di impedimenti sopravvenuti che rendono impossibile la realizzazione della finalità turistica. Ad esempio: malattia o infortunio del cliente prima della partenza; il verificarsi, o anche il rischio concreto che si verifichino eventi (calamità naturali, sommosse popolari, ecc.) nel luogo di destinazione incompatibili con la finalità vacanziera.